I Paesi europei, nel complesso, non fanno progressi in tema di spreco alimentare. I dati globali sono in leggera risalita negli ultimi tre anni (+0,7% tra il 2022 e il ’23 da rilevazioni Eurostat). Così l'Ue vara la revisione mirata della Direttiva Quadro sui Rifiuti che introduce obiettivi di riduzione degli sprechi alimentari giuridicamente vincolanti per tutti gli Stati membri. Non solo: la direttiva introduce anche norme comuni per la responsabilità estesa del produttore (EPR) nel settore tessile.
La revisione della Direttiva è stata preceduta da un accordo provvisorio tra Parlamento europeo e Consiglio Ue del quale Riciblog ha dato conto, relativamente agli obiettivi di tipo quantitativo da realizzare da qui al 2030, finalizzati proprio alla riduzione degli sprechi alimentari.
Un passo importante per affrontare le sfide ambientali, sociali ed economiche causate dal fenomeno nei confini nell’UE e un'opportunità cruciale per rafforzare ulteriormente il contributo europeo al traguardo 12.3 dell'Obiettivo di Sviluppo Sostenibile. Da oltre un decennio, lo spreco alimentare è una preoccupazione crescente nell’Ue dove purtroppo si registrano sforzi non omogenei tra gli Stati membri.
Senza un'azione più incisiva, i progressi significativi verso il traguardo 12.3 dell'Obiettivo di Sviluppo Sostenibile – cioè dimezzare lo spreco alimentare globale pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumo e ridurre le perdite alimentari lungo le filiere di approvvigionamento – rimangono irraggiungibili.
Obiettivi vincolanti per tutti gli Stati membri dell'Unione Europea
Secondo la Direttiva riveduta, entro il 2030 gli Stati membri devono ridurre gli sprechi alimentari del:
- 10% nella trasformazione e nella produzione
- 30% (pro capite) nella vendita al dettaglio e al consumo, inclusi ristoranti, servizi di ristorazione e famiglie.
Le rilevazioni Eurostat: nel vecchio Continente lo spreco non cala
Recentemente Eurostat ha diffuso i dati relativi allo spreco alimentare in Europa nel 2023. 130 i chilogrammi di cibo che ogni europeo ha in media buttato nella spazzatura nel corso dell’anno. E in totale sono stati generati 58,2 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, che includono parti commestibili e non commestibili. Lo 0,7% in più dell’anno precedente, il 2022.
Dove si spreca maggiormente? Secondo le rilevazioni Eutelstat soprattutto nelle case, visto che i rifiuti domestici hanno rappresentato oltre la metà di tutti i rifiuti alimentari (53%), l'equivalente di 69 kg pro capite. Il restante 47% è costituito da rifiuti generati a monte della filiera alimentare: il 19% dalla produzione di alimenti e bevande (24 kg pro capite), l'11% da ristoranti e servizi di ristorazione (14 kg pro capite), il 10% dalla produzione primaria (12 kg pro capite) e l'8% dalla vendita al dettaglio e da altre forme di distribuzione alimentare (10 kg pro capite).
Servono nuovi programmi e iniziative per contrastare lo spreco alimentare
Per raggiungere gli obiettivi fissati, gli Stati membri dovranno valutare e adattare i propri programmi di prevenzione degli sprechi alimentari e attuare misure per:
- sviluppare e sostenere interventi di cambiamento comportamentale e campagne informative per sensibilizzare l'opinione pubblica
- identificare e affrontare le inefficienze nel funzionamento della filiera alimentare, sostenere la cooperazione tra tutti gli attori
- fornire incentivi per dare priorità alle misure di prevenzione degli sprechi alimentari rispetto a quelle di gestione degli stessi

- sostenere la formazione e lo sviluppo delle competenze e facilitare l'accesso alle opportunità di finanziamento
- incoraggiare e promuovere l'innovazione e le soluzioni tecnologiche e adottare misure per agevolare la donazione di alimenti invenduti e sicuri a un costo ragionevole agli operatori del settore alimentare. Ciò dovrebbe avvenire attraverso accordi di donazione tra specifici operatori del settore alimentare, banche alimentari e altre organizzazioni di ridistribuzione
Nel 2027, una nuova revisione della Direttiva guarderà anche ai flussi turistici
Gli Stati membri avranno 20 mesi di tempo per recepire la Direttiva rivista nelle legislazioni nazionali e 30 mesi per istituire regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR) per i prodotti tessili e calzaturieri.
Entro il 17 gennaio 2026 dovranno designare le autorità competenti responsabili del coordinamento delle misure volte a prevenire la generazione di sprechi alimentari. E dovranno adeguare i propri programmi di prevenzione degli sprechi alle misure necessarie entro il 17 ottobre 2027.
Per monitorare i progressi, la Commissione condurrà una revisione completa entro il 2027. Questa includerà uno studio per comprendere meglio le cause profonde delle perdite e degli sprechi alimentari nella produzione primaria. La revisione valuterà anche la possibilità di modificare gli obiettivi del 2030 e di fissarne di nuovi oltre il 2030, potenzialmente estesi fino al 2035. Non solo. La direttiva rivista impone alla Commissione di adottare norme di attuazione per tenere conto delle variazioni nei flussi turistici nella riduzione degli sprechi alimentari conseguita dagli Stati membri.
Nel tessile si ricicla solo un quinto della produzione
Cosa succede sul fronte tessile e dell’abbigliamento? Con circa 12,6 milioni di tonnellate prodotte nel 2019, di cui solo un quinto è stato raccolto separatamente per il riutilizzo o il riciclaggio, è un settore decisamente problematico se si parla di spreco. Il problema sta esplodendo anche grazie al recente fenomeno del fast fashion.
Qui la Direttiva quadro sui rifiuti rivista introduce due serie principali di misure per affrontare gli importanti impatti che i rifiuti correlati generano a livello ambientale, rafforzando al contempo la competitività e la circolarità del settore.
Va detto che, nell'Ue, il settore rappresenta una forza economica significativa, generando un fatturato di 170 miliardi di euro nel 2023 e impiegando 1,3 milioni di persone in 197.000 aziende. Tuttavia, la produzione e il consumo di prodotti tessili hanno anche un impatto ambientale significativo. Nel 2020, in Europa, il settore tessile è stato il terzo settore di consumo con il più alto impatto sull'uso di acqua e suolo e il quinto in termini di utilizzo di materie prime ed emissioni di gas serra.
La responsabilità estesa del produttore al centro di nuove strategie
La Direttiva quadro sui rifiuti rivista introduce due serie principali di misure per affrontare questi impatti, rafforzando al contempo la competitività e la circolarità del settore:
- Tutti gli Stati membri sono tenuti a istituire un proprio regime EPR (la responsabilità estesa del produttore) per i prodotti tessili e calzaturieri, seguendo norme comuni applicabili in tutta l'Ue. Nell'ambito di tali regimi, i produttori tessili e calzaturieri pagheranno una tassa per ogni prodotto immesso sul mercato. La tassa finanzierà i sistemi di raccolta e la gestione dei prodotti tessili raccolti, provvedendo al loro riutilizzo, alla loro preparazione per il riutilizzo, al riciclaggio e allo smaltimento
- I tributi EPR saranno adeguati in base a criteri di sostenibilità, come quelli sviluppati nell'ambito del Regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili (ESPR), tenendo conto di fattori quali la durabilità e la riciclabilità. Questo approccio, noto come eco-modulazione, collega il costo sostenuto dai produttori per l'EPR alla sostenibilità dei loro prodotti tessili, incoraggiandoli così a progettare prodotti più circolari ed ecocompatibili
- I tributi EPR saranno inoltre utilizzati per informare i consumatori sui prodotti tessili e calzaturieri sostenibili e per sostenere la ricerca e lo sviluppo al fine di migliorare la progettazione dei prodotti, la prevenzione dei rifiuti e le operazioni di gestione