Una volta le foglie del mais diventavano borse, pupazzetti e materassi. Oggi non più o raramente, tuttavia ci sono donne, ‘le cartocciaie’, che ancora sanno come fare per trasformare le foglie di mais scartate in borse e oggettistica.
Fare un materasso con le foglie di mais era semplice: si sceglievano le foglie più giovani e morbide e si mettevano a essiccare al sole caldo. Una volta pronte si usavano per riempire enormi sacchi di lino grezzo. Almeno così faceva mia nonna che abitava in montagna. Seppure piccolissima ricordo benissimo lo scricchiolio che facevano le foglie quando provavi a cambiare posizione. Per me, che abitavo in città, trovavo questi materassi un gioco molto divertente, ma oggi, molto probabilmente, non riuscirei più a chiudere occhio stesa lì sopra. Però una bella borsa di foglie di mais, questa estate la indosserei molto volentieri.
La tecnica del ‘cartoccio’, con cui vengono intrecciate le foglie di mais per diventare borse, veniva praticata già nel ‘600 nel Reiana del Royale, una zona a Nord di Udine, dove oggi la Pro Loco prova a preservarne i segreti, programmando corsi e organizzando esposizioni: là c’è ancora qualche ‘nonna’ che può mostrare come si fa e raccontare l’importanza che ha avuto nel tempo questa attività artigianale.
Ma la tecnica della lavorazione dello ‘scus’, termine friulano per indicare la foglia di mais, si diffuse anche nelle regioni limitrofe, dove la coltivazione del mais è da sempre molto sviluppata. In provincia di Brescia, quest’anno la signora Rosa, una pensionata che trascorre il tempo facendo volontariato e aiutando gli altri, ha portato nuovamente alla ribalta questa antica tecnica contadina, riprendendo a produrre borse e oggetti con le foglie di mais, con il cui ricavato aiuta una missione a Cuba. La materia prima gliela procurano direttamente alcuni agricoltori della Coldiretti. Con questa ‘umile’ e semplice (anche se per praticarla occorre un’elevata manualità) attività la signora Rosa ricicla un materiale destinato allo scarto, tramanda una tecnica che altrimenti andrebbe perduta e le foglie da lei utilizzate, oltre a diventare belle borse, nutrono i bambini di cui la missione si prende cura.
La signora Rosa ha fatto molto parlare di sé, perché dunque non prendere spunto dalla sua intraprendenza e provare anche noi a imparare l’arte dell’intreccio del mais? Quantomeno aiuteremo questa lavorazione a non morire ricercando, acquistando e divulgando la diffusione di queste borse ‘green’!
Sonia says
Molio interessante mi è piaciuto molto spiegato benergia e con semplicità