Cosa fanno i forni del pane in esubero? Ecco la strategia dello S.Forno di Firenze

Pane del s.forno e consigli per smaltire il pane vecchio - Riciblog

Per noi italiani un pasto senza pane è inconcepibile. E quindi ne viene prodotto ogni giorno in gran quantità. Ma cosa ne fanno i forni del pane che resta nelle ceste e negli scaffali a fine giornata? Abbiamo provato a chiederlo a uno dei forni più noti dell’Oltrarno fiorentino, il Santo Forno, scritto S.Forno e per questo ben presto divenuto per tutti lo Sforno.

Lo Sforno parte avvantaggiato per due motivi, primo perché gli stessi proprietari hanno a poca distanza anche il ristorante ‘Il Santo Bevitore’ e il fratello minore ‘Il Santino’, locale per pranzi veloci e aperitivi ‘cool’. Ambedue le attività consumano e smaltiscono pane in gran quantità, anche quello in esubero. Secondo motivo perché lo Sforno si trova in Toscana, dove molto spesso i piatti tradizionali e non, ricorrono continuamente al pane raffermo come ingrediente principale. Piatti che tutti conosciamo: pappa al pomodoro, panzanella, ministra di pane e poi tante, tantissime zuppe che prevedono sul fondo del piatto due o tre fette di pane raffermo o dadolate di pane ripassato in padella.

Essere dunque affiancati da due locali di questo tipo, aiuta molto a esaurire le scorte. Tuttavia anche il forno stesso si dà da fare per dare nuova vita al pane avanzato, per esempio facendo torte che prevedono l’impiego di pane raffermo. Un altro ‘escamotage’ è quello di tritare il pane secco (avendolo prima diviso per tipologia di farina e gusto) e farne pan grattato di prima scelta, da rivendere in sacchetti personalizzati alla clientela.

Scaffali e bancone del s.forno di firenze - Riciblog

I clienti dello Sforno vengono da ogni dove, come del resto il personale. Christine, la pasticcera, è americana e Rose Hélène, la fornaia, è italo-francese. Queste due professioniste, insieme alle loro collaboratrici Marta e Yui, propongono a tutto il quartiere pane, pizze, torte dolci e salate, pasticcini, biscotti, e ogni genere di bontà, da consumare sul posto o in versione ‘take-away’. Impossibile quando si entra allo sforno non cedere in tentazione. Ormai esperte sulle dinamiche e sui consumi del negozio, sono riuscite a calibrare la produzione, evitando il più possibile gli scarti, anche a costo di lasciare a fine giornata qualche cliente a ‘bocca asciutta’, ovvero senza il pane o la torta desiderata.

Anche gli arredi allo sforno sono fatti con materiali di riciclo, provenienti da chissà quale altro negozio o magazzino, ma tutti accostati secondo il gusto del momento: arredi poveri ma caldi e accoglienti. L’usa e getta è una mentalità che sta fortunatamente cadendo in disuso, non solo alla Sforno, ma ormai in tutta la città. Anche dalle campagne limitrofe arriva un contributo allo smaltimento del pane in eccesso: ci sono persone che, allevando animali da cortile, hanno stabilito con lo Sforno un accordo per il ritiro del pane che altrimenti andrebbe buttato.

Non tutti i forni possono essere fortunati come lo S.Forno, ma da questa testimonianza abbiamo capito che se i panificatori e i rivenditori vogliono evitare di buttare nella pattumiera un bene prezioso come il pane

- possono stabilire degli accordi con i ristoratori del quartiere che usano il pane in ricette, semplici ma buone;

- possono accordarsi con i contadini o con le loro associazioni, per il ritiro del pane in eccesso;

- possono ridurlo in pangrattato;

- possono tentare di mirare al massimo la quantità da  produrre.

Se aguzziamo fantasia e ingegno sicuramente gli scarti di qualsiasi genere diminuiranno!

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