A dieci anni dall’approvazione dell’Agenda ONU 2030, con 555,8 gr settimanali procapite di cibo buttato nella spazzatura l’Italia migliora ma non eccelle. Lo dice il Cross Country Report dell’Osservatorio Waste Watcher International che ha recentemente presentato i dati aggiornati sullo spreco alimentare in Italia e nel mondo.
L'iniziativa è stata ideata già nel 2013 ed è tuttora diretta da Andrea Segrè come osservatorio sul fenomeno dello spreco alimentare domestico e sulle abitudini di acquisto gestione e fruizione del cibo. Negli anni, le rilevazioni dell'Osservatorio Waste Watcher International sono diventate sempre più articolate sino ad arrivare all’ultima edizione nella quale sono inclusi dati europei e mondiali, oltre a quelli nazionali, e un focus sulla generazione Z. Quest'anno, inoltre, per la prima volta, il dossier si contestualizza in uno scenario nel quale sono collocate le guerre in Ucraina e in Medio Oriente, le emergenze climatiche in tutto il pianeta e una difficile situazione internazionale data dall'avvio dei dazi Usa.
L'Italia spreca più degli altri Paesi europei
L'ultima edizione dell'Osservatorio - in base alle ultime rilevazioni effettuate nel mese di agosto - mostra che il nostro Paese resta sopra la media europea ed è ancora lontano dall’obiettivo di cibo di sprecato fissato per il 2030 di 369,7 gr. C'è tuttavia una buona notizia: la Generazione Z - nata dagli anni 2000 in poi - sembra dare al fenomeno maggior peso di quanto ne danno le generazioni più grandi. La speranza è che i più giovani siano il motore del cambiamento necessario anche nel nostro Paese. I nativi digitali sanno essere virtuosi e mettere in pratica strategie anti-spreco in modo più massiccio rispetto alle altre generazioni. Un esempio? La ricerca ne fa diversi, a cominciare dal fatto che "fa parte del loro modo di essere voler donare il cibo cucinato quando è più del dovuto ad amici e parenti" nel 14% dei casi, contro il 5% della media nazionale.
Ai giovanissimi piace la doggy bag
Non solo: i Gen Z fanno programmi per conservare avanzi e cercare ricette con avanzi su internet nel 31% dei casi contro il 10% della media nazionale e quando mangiano fuori è facile che tornino a casa con una doggy bag nel 21% dei casi contro il 6%. Dai dati risulta anche una certa consapevolezza e attenzione ai propri comportamenti e abitudini, la percezione di una responsabilità individuale. Quali sono i motivi di spreco? Ecco qualche esempio. “Calcolo male le cose che servono”: 42% contro 18 della media nazionale; “me ne dimentico e scade o si deteriora”: 45% contro 14. “Acquisto troppo”: 37% contro 12. E, ancora, “non so conservare”: 27% contro 12% sino a “non mi piacciono gli avanzi”: 34% contro 8.
I giovani riconoscono in effetti che "non è sempre facile organizzarsi, stanti i molteplici impegni dello studio e del lavoro". "Non è facile acquistare le quantità giuste" e si esagera nel 28% dei casi (contro l’8% della media nazionale) e non lo è - o forse manca il tempo per farlo in modo adeguato e sistematico - "conservare avanzi e cercare ricette per utilizzarli" (24% contro 8%). Cosi come non è automatico - forse anche perché nessuno lo insegna, in famiglia o a scuola - “organizzare la dispensa per scadenza di prodotti” (26% contro 6).
Frutta e verdura gli alimenti che si sprecano più facilmente
Numeri che - proprio nel primo decennale dall’approvazione dell’Agenda ONU 2030 (settembre 2015) - possono forse far meglio "digerire" il fatto che, sempre secondo il nuovo rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher International, l’Italia non si avvicina abbastanza al traguardo dei 369,7 grammi di cibo sprecato settimanalmente che dovrebbe essere raggiunto entro il 2030. Il monitoraggio del comportamento degli italiani, realizzato attraverso l’indagine con metodo CAWI promossa dalla campagna pubblica Spreco Zero con l’Università di Bologna–Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari su monitoraggio Ipsos (campione di 1000 casi rappresentativi della popolazione generale), ha pesato in 555,8 gr lo spreco settimanale medio in Italia contro i 683 grammi dell’agosto 2024.
Il cambiamento che si è verificato, va comunque riconosciuto. Basta ricordare che il Rapporto Waste Watcher 2015, anno dell'approvazione della legge 166 antispreco, attestava uno spreco settimanale di circa 650 gr. Dieci anni dopo si registra una flessione generale di quasi 100 gr e una maggiore attenzione alla gestione e fruizione del cibo. "Le cose sono migliorate sul piano della maggiore consapevolezza e del migliore rapporto fra le imprese della filiera produttiva che donano e il mondo del volontariato e del terzo settore - ha osservato Maria Chiara Gadda, promotrice della Legge 166/2016 che disciplina la donazione e distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici per la solidarietà sociale. Migliaia le tonnellate di cibo recuperate e sono aumentati i luoghi di raccolta delle eccedenze. Non solo da parte della grande distribuzione, ma anche delle imprese di produzione, dei mercati rionali, dei grandi eventi E si recuperano in Italia anche i prodotti freschi e freschissimi. Ora si può senz’altro migliorare sul piano della logistica e sostenere questo sforzo anche attraverso nuove misure normative".
E cosa si spreca maggiormente? Soprattutto frutta fresca (22,9 g), poi verdura fresca (21,5 g) e pane (19,5 g), insalata (18,4 g) e cipolle/tuberi (16,9 g).
Nel centro Italia comportamenti maggiormente virtuosi
Guardando più nel dettaglio i dati del fenomeno e la situazione italiana, l’area centrale centrale del Paese risulta essere la più virtuosa con 490,6 grammi a settimana, mentre a nord si sale a 515,2 grammi e ancor più a sud con 628,6 grammi. E sono le famiglie con figli quelle gli ambiti di maggior attenzione e tra le quali la soglia di spreco si contrae del 17% rispetto alle famiglie senza figli dove invece si registra un incremento del 14%. Allargando lo sguardo, le grandi città si dimostrano decisamente più virtuose (-9%) dei comuni di media dimensione (+16%).
"Le pressioni economiche, in particolare l’inflazione che questa estate ha colpito fortemente i generi alimentari (+ 3,7%) - spiega il direttore scientifico di Waste Watcher Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero - possono aver suggerito alle famiglie acquisti più ponderati e una maggiore attenzione alla prevenzione degli sprechi. L’utilizzo di strumenti semplici e mirati, come la app Sprecometro, strumento di autovalutazione e monitoraggio dello spreco domestico, permette di attivare trasformazioni comportamentali durature, contribuendo a consolidare comportamenti virtuosi: quindi un percorso concreto verso la riduzione del 50% dello spreco alimentare entro il 2030".
Trasformazione “strutturale” è anche l’atteggiamento dei cittadini nei confronti dello spreco: ma un rinnovato senso di giustizia, responsabilità e interconnessione globale. "La sfida dei prossimi anni - ha aggiunto Segré - sarà rafforzare questa tendenza, affinché il traguardo del 2030 non resti un auspicio, ma diventi un risultato condiviso".
Intanto l'insicurezza alimentare in Europa raggiunge 33 milioni di cittadini
Sempre sul fronte dello spreco delle famiglie, con i suoi 555,8 grammi di spreco medio pro-capite settimanale, l’Italia si colloca sopra la media europea e prima della lista dei paesi spreconi, seguita in seconda posizione la Germania con 512,9 gr, quindi la Francia (459,9 gr), la Spagna (446,5 gr) e i Paesi Bassi (469,5 gr).
Dati a fronte dei quali spicca la dura realtà dell’insicurezza alimentare che attualmente raggiunge 33 milioni di cittadini in Europa e 4,9 milioni in Italia. Senza contare che - come spesso già sottolineato - spreco e perdite alimentari hanno un impatto diretto sull’ambiente.
E nel mondo? Il dossier dell’Osservatorio Waste Watcher International propone anche un focus sulla situazione globale che si caratterizza per 1,05 miliardi di tonnellate di cibo sprecato, circa un terzo della produzione alimentare globale, con il 19% riferibile alle fasi di vendita al dettaglio, ristorazione e gestione familiare, e il 13–14% disperso alle fasi di produzione e raccolta.
Nel mondo, ogni individuo spreca in media 79 kg di cibo, mentre 673 milioni di persone - l’8,2% della popolazione totale - soffrono la fame.
Lo spreco alimentare produce nel mondo il 10% delle emissioni di gas serra
La presentazione del Cross Country Report ha offerto l’occasione per ricordare che lo spreco di cibo è responsabile di quasi il 10% delle emissioni globali di gas serra. Ha un certo effetto anche sottolineare come il 28% dei terreni agricoli, pari a 1,4 miliardi di ettari - una superficie pari a 4 volte l’intera Unione Europea - viene oggi utilizzato per produrre cibo che non verrà mai utilizzato. A ciò si aggiunga il fatto che un quarto dell’acqua dolce utilizzata in agricoltura viene sprecato nella produzione di alimenti che finiranno nella spazzatura: si tratta di circa 250 km³ di acqua, l’equivalente del fabbisogno idrico annuo dell’intera popolazione mondiale.
Numeri che devono far riflettere. Peccato che, invece, l’Europa, con Direttiva approvata dal Parlamento Europeo il 9 settembre 2025, abbia ridimensionato i propri obiettivi di riduzione. Mentre l’Obiettivo 12.3 dell’Agenda ONU 2030 chiede di dimezzare le perdite e gli sprechi alimentari entro il 2030, in tutti i segmenti della filiera, l’Europa con una drastica revisione della Direttiva 2008/98/EC -Waste Framework Directive, ha deciso di fissare un −10% nello spreco della trasformazione/manifattura e un −30% pro capite nei consumi finali (retail, ristorazione, famiglie), sostanzialmente “tagliando” il concetto di perdite alimentari in campo.